sabato 27 dicembre 2014

2015: anno zero

Il prossimo sarà un anno importante.  Si terranno elezioni politiche in Spagna che potrebbero cambiare gli equilibri non solo nel paese iberico ma anche nel continente. Se come prevedibile il neo-nato partito Podemos otterrà dalle urne un risultato a doppia cifra (secondo i sondaggi è oggi attorno al 25%) i riflessi si faranno sentire. Podemos propone una politica contraria all'euro e la nazionalizzazione delle banche in stato di passività, per citare due punti fondamentali del programma. Podemos con la sua ascesa potrebbe rompere certi equilibri,  soprattutto l'asse franco-tedesco che oggi ingessa il nostro continente con assurde politiche di austerità utili solo alla Germania. Gli Stati Uniti hanno rilanciato brillantemente la loro economia con una aggressiva politica di bassi tassi e di emissione di moneta. Se questo tabu' verrà rimosso dalla BCE anche l'Europa riuscirà a ripartire. Se Podemos, e anche Siryza in Grecia, avranno un buon risultato alle urne, la politica europea dovrà cambiare, affermando il ruolo dei paesi del sud Europa. E' importante che emergano con forza partiti e movimenti capaci di rappresentare blocchi  sociali oggi dimenticati dalle forze politiche di grande coalizione, interessate solo a difendere lo status quo e gli interessi di potenti gruppi finanziari ed industriali. Questa Europa germanocentrica, inefficente e burocratica non serve a nulla. Va riformata in profondità perchè rappresenta alcune lobbies e non le classi medie. E' necessaria  la abolizione degli assurdi e rigidi parametri come il limite del 3% del deficit, il patto di stabilità e la impossibilità per la BCE di acquistare titoli di stato. L' Europa necessita un approccio meno ragionieristico e piu' solidaristico. Il 2015 sarà un anno fondamentale per verificare se l'establishment e i poteri forti riusciranno a imbrigliare quel vento di cambiamento, che si sta alzando forte nel mondo, che chiede cambiamenti nel modello economico e di sviluppo. Uno sviluppo sempre meno sostenibile e attento solo a favorire pochi a discapito della collettività e di un ceto medio il cui peso politico è oggi poco rilevante. Chissà se la politica riuscirà a seguire l'esempio di Papa Francesco, figura oggi di riferimento morale e unico a battersi davvero per la dignità dei deboli e per i diritti dei poveri. La chiesa due anni fa scegliendo un papa come Bergoglio ha deciso di rinnovarsi. La politica invece è ancora ostaggio di potenti lobbies e gruppi di pressione, non interessate a uno sviluppo economicamente ed eticamente sostenibile. Rappresenterà il 2015 il punto di svolta?

lunedì 22 dicembre 2014

False emergenze traffico

Il governo Renzi rinnova la falsa emergenza traffico nei comuni di Vicenza e Treviso (anzichè nelle province di Vicenza e Treviso) e con esso il commissario straordinario delegato alla costruzione della Superstrada Pedemontana Veneta (ing Vernizzi).  Renzi continua nella linea dei predecessori e ci offre lo stesso menu' di grandi opere autostradali e altro, pensando con questo di rilanciare la economia e il nostro territorio. Ormai queste opere fanno parte del passato; non servono alla collettività ma sono funzionali agli interessi di alcuni gruppi. La SPV costerà alle tasche dei cittadini veneti 1 miliardo circa alla faccia degli slogan di Zaia&c che hanno sempre detto che queste grandi opere sono pagate dal privato, con il sistema del project financing. Grandi opere inutili e a carico della collettività. Quante strade e quanto territorio si sarebbe messo in sicurezza presidente Zaia con 1 miliardo di euro? Quante piccole imprese venete potrebbero lavorare?

Di seguito il decreto di proroga dello stato di emergenza

DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 1 dicembre 2014 
Proroga dello  stato  di  emergenza  determinatosi  nel  settore  del
traffico e della mobilita' nel territorio dei  comuni  di  Treviso  e
Vicenza. (14A09624)
(GU n.292 del 17-12-2014)



                            IL PRESIDENTE
                     DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

  Visto l'art. 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225;
  Visto l'art. 107 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112;
  Visto il decreto-legge 7 settembre 2001, n.  343,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401;
  Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in  data
31 luglio 2009,  con  il  quale  e'  stato  dichiarato  lo  stato  di
emergenza determinatosi nel settore del traffico  e  della  mobilita'
nel territorio dei comuni di Treviso e Vicenza;
  Visti i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri in data 9
luglio 2010, 17 dicembre 2010, 13 dicembre 2011, 22 dicembre 2012 con
i quali il predetto stato di emergenza e' stato prorogato, da ultimo,
fino al 31 dicembre 2014;
  Visto il decreto-legge 15  maggio  2012,  n.  59,  convertito,  con
modificazioni,  dalla  legge  12  luglio  2012,   n.   100,   recante
«Disposizioni urgenti per il riordino della protezione civile»;
  Visto l'art. 6-ter, comma 1, del decreto-legge 20 giugno  2012,  n.
79, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 131,
con cui vengono fatti salvi, tra  l'altro,  gli  effetti  dei  citati
decreti del Presidente del Consiglio dei ministri recanti la  proroga
delle stato di emergenza in rassegna;
  Visto il comma 2 del medesimo art. 6-ter, dove e' stabilito che  le
previsioni contenute all'art. 3, comma 2, del citato decreto-legge n.
59/2012 non sono applicabili, tra l'altro, allo stato di emergenza in
rassegna;
  Considerato che la dichiarazione dello stato di emergenza e'  stata
adottata  per  fronteggiare  situazioni  che,   per   intensita'   ed
estensione, richiedono l'utilizzo di mezzi e poteri straordinari;
  Vista la nota del Presidente della regione Veneto del 30  settembre
2014, con la quale si rappresenta l'esigenza di prorogare lo stato di
emergenza, ai sensi dell'art. 5, della legge n.  225  del  1992,  per
consentire  il  superamento  della  situazione   di   criticita'   in
argomento;
  Vista la nota del 14 novembre  2014  con  cui  il  Ministero  delle
Infrastrutture  e  dei  Trasporti  ha  espresso   parere   favorevole
all'accoglimento  della   richiesta   di   proroga   della   gestione
emergenziale;
  Vista la nota del  Dipartimento  della  protezione  civile  del  21
novembre 2011;
  Considerato che sono ancora  in  corso  le  iniziative  finalizzate
all'espletamento  di  tutte  le   incombenze   procedurali   tutt'ora
necessarie  al  perfezionamento  degli  atti  approvativi   e   delle
procedure    espropriative    attualmente    in    corso,     nonche'
all'approvazione  e  realizzazione  delle   opere   necessarie   alla
risoluzione delle interferenze;
  Ravvisata, pertanto, la necessita' di consentire  la  realizzazione
di tutte le  iniziative  di  carattere  straordinario  e  derogatorio
finalizzate alla riorganizzazione del sistema viario  dei  comuni  di
Treviso e Vicenza;
  Considerata l'esigenza di  prevedere  la  proroga  dello  stato  di
emergenza  al  fine  di  porre  in  essere  i  necessari   interventi
occorrenti per il definitivo rientro nell'ordinario;
  Ritenuto, quindi, che la predetta situazione emergenziale persiste,
e che ricorrono i presupposti previsti dall'art. 5,  comma  1,  della
legge 24 febbraio 1992,  n.  225,  per  la  proroga  dello  stato  di
emergenza;
  Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri,  adottata  nella
riunione del 1° dicembre 2014;

                              Decreta:

  Ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 5, comma 1, della  legge
24 febbraio 1992, n. 225, per le motivazioni di cui in  premessa,  e'
prorogato,  fino  al  31  dicembre  2016,  lo  stato   di   emergenza
determinatosi  nel  settore  del  traffico  e  della  mobilita'   nel
territorio dei comuni di Treviso e Vicenza.
  Il presente decreto sara' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana.
    Roma, 1° dicembre 2014

                                                 Il Presidente: Renzi




giovedì 18 dicembre 2014

BreBeMi, una farsa annunciata

«Meno di cinque mesi sono stati sufficienti per abbandonare i toni trionfalistici con cui era stata salutata l’inaugurazione della nuova autostrada tra Brescia e Milano. La Brebemi, il 23 luglio, era “uno straordinario esempio di successo”, almeno secondo il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni, che era seduto accanto al presidente del Consiglio Matteo Renzi durante l’inaugurazione-evento dell’A35».

Con queste parole Luca Martinelli inizia un lungo approfondimento su Altreconomia.it pubblicato il 16 dicembre. Il servizio prende in considerazione la controversa storia della Brebemi e lo fa con dati e cifre aggiornati: «Il 15 dicembre, invece, sarebbe arrivato -secondo lo stesso Maroni- il tempo di decidere "se questa opera resta o chiude”, e la discriminante sarebbe la volontà o meno da parte dello Stato di garantire un finanziamento pubblico pari a 270 milioni di euro per rendere sostenibile il piano economico e finanziario dell’opera. Della prima autostrada in Italia che -almeno secondo la vulgata ufficiale- è stata orgogliosamente finanziata interamente da capitali privati. Si tratta di un dato solo parziale, visto l’intervento di Cassa depositi e prestiti e di Banca europea degli investimenti, ma tutto questo oggi è in secondo piano». Martinelli parla anche di uno scontro maturato tra regione lombardia e lo Stato centrale: «Perché lo “scontro” maturato tra Regione Lombardia e governo (Maroni ha aggiunto che “[l’esecutivo si assumerà la responsabilità delle conseguenze" qualora decidesse di non finanziare a fondo perduto l’opera…), mostra la fragilità della retorica che per 15 anni ha evocato il sogno di una-nuova-autostrada-imprescindibile-per-collegare-Brescia-a-Milano. Quando alle parole avrebbero dovuto sostituirsi i fatti, che in questo caso si chiamano “passaggi giornalieri” e “pedaggi incassati”, lo straordinario esempio di successo è diventato un mezzo flop, tanto che dopo il primo mese la società ha evitato di diffondere statistiche e dati ufficiali. Roberto Maroni, a fine luglio, si era spinto oltre, esaltando la Brebemi che rappresentava la “prima opera di accessibilità al sito Expo Milano 2015 a essere completata e con un anno di anticipo”. Ecco, quest’autostrada rischia di non arrivare all’Expo, anche perché - com’è evidente a chiunque l’abbia percorsa almeno una volta- termina la sua corsa a Melzo, 20 chilometri a Est di Milano, mentre il sito espositivo, l’area che ospiterà l’Esposizione universale, è a Nord-Ovest».

Ma c'è di più. L'analisi si addentra anche sul versante ambientale ed economico: «Oltre a tutti i limiti economici, ambientali e trasportistici dell’opera, che già evidenziamo da anni, e che avevamo rimarcato in un commento 24 luglio, papere fuori luogo -in questo momento- il ruolo di Regione Lombardia, che come azionista di Concessioni Autostradali Lombarde (Cal) è il “concedente”, ma avanza richieste per conto del concessionario autostradale, una società privata di progetto il cui primo azionista è Intesa Sanpaolo. Forse lo scontro tra Roberto Maroni e il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi, che porta il governo ad assumere una posizione fortemente critica rispetto alla possibilità di finanziarie l’opera, si “fonda” su aspetti non inerenti alla BreBeMi, come gli equilibri di giunta in Regione Lombardia tra Lega e Ncd o la campagna elettorale per la elezione del nuovo sindaco di Milano nel 2016. Ma questo, oggi, non è importante».

L'articolo si conclude con una ulteriore analisi sempre in termini economici: «Semmai, dimostra ancora di più il livello di approssimazione con cui sono state prese e vengono prese decisioni strategiche importanti, come quelle relative alla costruzione di una nuova autostrada, costata oltre 2,5 miliardi di euro (che qualcuno, prima o poi, dovrà restituire ai soggetti che li hanno prestati)».

domenica 14 dicembre 2014

Fermiamo i tedeschi

Ho postato qualche giorno fa una intervista al presidente della Bundesbank Weidmann da cui si desume che i tedeschi si oppongono a un sostanziale cambiamento della politica monetaria della BCE. In questo momento per uscire dalla situazione di crisi l'Europa dovrebbe seguire le orme della Federal Reserve americana e cioè agire sulla leva monetaria, stampando moneta attraverso il riacquisto massiccio di titoli di stato. Fino ad oggi i tedeschi si sono opposti agli aiuti agli stati, concentrandosi solo sugli aiuti alle (loro)malandate banche. Una politica miope perchè se la Grecia, oggi sull'occhio del ciclone, dovesse fallire, trascinerebbe in una difficile situazione l'Europa e anche i tedeschi, che per inciso ci rimetterebbero attraverso il fondo salva-stati (esm) 45 miliardi di euro (noi ne perderemmo circa 20). I tedeschi in realtà non vogliono accettare un taglio consistente del debito pubblico greco perchè temono che potrebbe costituire un precedente pericoloso. A quel punto infatti l'Italia potrebbe chiedere lo stesso aiuto e far saltare le banche e i sistemi finanziari di mezza Europa. Il debito greco è poca cosa, solo il 2% del debito pubblico della UE ma la Grecia è l'agnello sacrificale: un messaggio rivolto chiaramente a noi italiani che deteniamo il 12% del debito pubblico della Unione Europea (che sale al 20% circa considerando solo i paesi che hanno adottato l'euro).Se il nostro paese dovesse chiedere di rinegoziare il debito pubblico, tagliando magari il debito del 50%, sarebbe la fine dell'Europa con conseguenze drammatiche. Il problema è che il debito greco (ma anche quello italiano) è insostenibile (175% del pil) e quindi, volenti o nolenti, la Germania dovrà accettare la rinegoziazione di questo. Oppure il riacquisto di tutto il debito da parte della BCE che aprirebbe di fatto la strada al quantitative easing (stampa di moneta) caldeggiato da Mario Draghi. Altre soluzioni non esistono e ormai il tempo delle chiacchere è scaduto. I tedeschi si adeguino, va fermata la loro assurda pretesa di condizionare con la politica di austerità mezza Europa. La Grecia è stata distrutta da 6 anni di politiche di rigore della famosa troika (ue,fmi,bce) e di fronte alle ulteriori assurde pretese di tagliare ancora la spesa pubblica e gli stipendi la popolazione ha detto basta. Si profilano elezioni generali in Grecia a febbraio e con tutta probabilità vincerà Syriza partito di sinistra che chiede il taglio del debito pubblico greco e la fine delle politiche di austerità imposte dai tedeschi. La cura da cavallo non ha dato alcun risultato e la Comunità Europea si trova di fronte a un bivio: o si inserisce un principio di solidarietà tra stati (e quindi una sorta di debito comune a tutti), bloccando da subito le inutili politiche di rigore pantedesche oppure alcuni stati, loro malgrado, saranno costretti a dichiarare bancarotta con conseguenze disastrose per tutti, tedeschi in testa. A quel punto la Unione Europea smetterà di esistere. Oggi va fermata con forza la politica di austerità tedesca e lanciato un piano europeo di investimenti attraverso la emissione di euro-bond accompagnata da un piano di riacquisto del debito pubblico. In caso contrario le conseguenze anche sociali saranno disastrose ed imprevedibili.

sabato 13 dicembre 2014

I tre tappi

La politica attraversa oggi la fase più critica degli ultimi 30 anni forse. Il discredito è massimo, la gente non va più a votare. Questo trend continuerà se non interverranno nuovi fattori. Oggi più che mai il nostro paese ha bisogno di riforme che tardano a venire, anche per responsabilità che coinvolgono chi dovrebbe rappresentare le fasce deboli della popolazione o chi dovrebbe rappresentare le istanze di novità scaturite dal voto del 2013. Ieri c'è stato lo sciopero a cui hanno partecipato oltre un milione di persone. Oggi i sindacati rappresentano ancora gli interessi dei lavoratori? Sono portatori di nuove istanze riformiste o non sono piuttosto parte del vecchio sistema che va rimosso? A me pare che i sindacati siano un potente freno al cambiamento. Continuano a usare la vecchia retorica del passato, rappresentano di fatto solo il lavoro dipendente e i pensionati, si oppongono alla riforma degli ammortizzatori sociali (cassa integrazione in primis) perché farebbe perdere loro uno strumento di negoziazione collettiva, quindi di controllo sui lavoratori dipendenti e di gestione del potere. Invece di favorire la introduzione del sussidio universale di disoccupazione (presente in moltissimi paesi europei) o del reddito di cittadinanza, essi si trincerano dietro alla difesa solo di alcune categorie e blocchi sociali. Escludendo di fatto dal loro raggio di azione tante categorie solo perché non rappresentano un bacino utile ai loro fini. Per non parlare dei benefici che hanno i sindacati: non sono obbligati per legge a presentare il bilancio, godono di esenzioni fiscali sul loro enorme patrimonio immobiliare, applicano spesso ai loro stessi lavoratori le clausole inique che tanto criticano (non hanno l'articolo 18 e spesso utilizzano contratti a termine). I sindacati più che difendere i lavoratori difendono se stessi e la loro sopravvivenza. Servono organizzazioni che difendano i lavoratori e i pensionati ma i sindacati italiani hanno bisogno di una reale profonda trasformazione. Anche la sinistra dovrebbe riformarsi invece usa ancora slogan che andavano bene 30 anni fa. Non si può lasciare la rappresentanza della sinistra in mano a Vendola (che come governatore della Puglia ha coperto le porcate della Ilva di Taranto) o a D'Alema. Vecchi cadaveri che non vanno riesumati perché non rappresentano nulla. Serve una sinistra nuova, una sinistra sensibile anche al tema dell'ambiente e al rispetto del territorio, vera emergenza nazionale, che sappia coniugare modernità e rilancio del made in Italy. Non una sinistra vecchia infarcita di slogan e di personaggi falliti politicamente. Infine due battute anche sul Movimento 5 Stelle che doveva rappresentare il nuovo, ma invece si trova immerso in una grave crisi di identità, latitante su tutti i temi caldi della attualità politica. Serviva un movimento fuori dai giochi per portare aria nuova in parlamento e fuori, ma oggi quel movimento si è trasformato in un ingombrante e sterile strumento che porta avanti inutili battaglie come il referendum sulla abolizione dell'euro. Oltre a non potersi fare perchè la nostra costituzione non lo prevede, la raccolta firme che parte oggi serve solo a proporre una legge di iniziativa popolare in tal senso. Legge che poi dovrà essere presentata in parlamento e approvata ( chissa se e quando). L'ennesima iniziativa di Grillo e Casaleggio, nulla più di una boutade utile per riunire le truppe e ridare fiato a un movimento lacerato dalle ultime espulsioni. Questi sindacati, questa sinistra e questo M5S sono tre tappi che contribuiscono a bloccare e rendere piu' difficile quel processo di nascita e  riaggregazione di forze nuove, che siano davvero in grado di progettare un nuovo percorso per l'Italia. Il tempo è poco e se non lo sapremo fare ci ritroveremo la troika, cioé i tedeschi, al governo tra qualche anno.

domenica 7 dicembre 2014

Caro Pizzarotti se hai coraggio fai un passo in avanti

Sto seguendo con grande attenzione l'incontro di oggi promosso dal sindaco di Parma Pizzarotti sul nuovo statuto di Parma e sulla proposta di quroum zero per i referendum. L'incontro segue di pochi giorni le burrascose espulsioni di Artini e Pinna e la nomina di un direttorio di cinque persone a capo del M5S. Assume quindi una importanza che va ben oltre il tema specifico, per la presenza di tanti amministratori ed eletti del M5s, che condividono la linea del sindaco di Parma, critica verso la deriva del M5s. Pizzarotti è persona prudente, ma in questo frangente storico serve coraggio, molto coraggio per tentare di salvare il destino non solo di quello che resta del M5s ma del nostro paese. Siamo al limite del default e mai come in questo momento si tocca la situazione di disagio sociale ed economico dell'Italia. Come dice Pizzarotti M5s deve smettere di occuparsi di scontrini e piu' di proposte. Deve ridiscutere le espulsioni sommarie ed immotivate. Ma credo che giunti a questo punto Pizzarotti deve fare una ulteriore riflessione. Non serve forse fare un passo in avanti, creare un nuovo M5S, un soggetto che davvero riprenda i principi del 2009 e di Woodstock 2010? Un movimento che presenti un credibile piano di salvezza nazionale, redatto dalle migliori professionalità del nostro paese che predisponga un programma economico basato sul taglio della spesa pubblica improduttiva, sul taglio delle tasse, sulla lotta alla evasione e alla corruzione? Temi tutti assenti dalla agenda attuale del M5s, piu' impegnato in espulsioni ed epurazioni, che in proposte concrete. Pizzarotti ha riunito oggi a Parma tanti eletti ed attivisti a cui serve solo il coraggio e la consapevolezza che l'Italia ha davvero bisogno di un profondo e rapido cambiamento per evitare danni sociali ed economici devastanti. Non c'è piu' tempo serve agire rapidamente. Ognuno si assuma le proprie responsabilità arrivando ad uno strappo con l'originario M5s, che a me sembra ormai inevitabile. Casaleggio non ha un progetto, non ha un piano ma è un normalizzatore, un personaggio che, di fatto, ha creato qualcosa che serve ormai piu' da sponda al vecchio sistema, che non da stimolo al cambiamento. Questa sua "supposta" purezza ha portato solo alla emarginazione ed irrilevanza politica, buttando al vento ben 9.000.000 di voti. Il direttorio serve solo ad epurare altre persone. L'unico da epurare e' Casaleggio. Dato che questo è di fatto impossibile tutti quelli che non la pensano come lui si riprendano il Movimento, quello vero, non il partito di oggi fatto di sterili discussioni, fedeltà acritica e votazioni on line farlocche e non certificate. Caro Pizzarotti lancia il Movimento 2.0 non perdere mesi in inutili trattative con la ala integralista, quella che per opportunismo o obbedienza cieca non rinnegherà mai i desiderata e gli ordini del capo. Grillo ormai ha passato la mano (se ne andrà da marzo a fare un tour in giro per il mondo con il suo nuovo spettacolo). La forza delle idee va oltre una patacca. Esorto i tanti dissenzienti a prendere con responsabilità la decisione di andare oltre e lasciare Casaleggio al suo destino. Altrimenti restando nella stessa barca anche Pizzarotti e compagni affonderanno con essa.

venerdì 28 novembre 2014

Caro Zaia, lasci le vecchie cariatidi nei corridoi

Qualche tempo fa una voce autorevole vicina a Luca Zaia mi aveva confermato quanto si sapeva da tempo. E cioè che il governatore del Veneto avrebbe presentato una sua lista civica alle elezioni regionali composta tutta da facce nuove, prese dalla società civile, dal mondo dell'impresa.

Mi era sembrata una ottima mossa, una vera novità che avrebbe portato aria nuova in regione, visto poi che secondo i sondaggi questa lista sarebbe accreditata di un 15%. Significherebbe portare più o meno dieci facce nuove, estranee agli apparati, in consiglio regionale a Venezia.

Ieri però, a conferma di qualche voce che aveva cominciato a circolare a palazzo Balbi, leggo sul Gazzettino che nientemeno che la sempreverde Elena Donazzan (in politica ininterrottamente dal 1997 e in regione dal 2000) starebbe confluendo verso la lista Zaia. Bell'esempio di novità. Ma allora che cosa dobbiamo pensare? Se questi sono i nomi che circolano proprio non ci siamo. Serve fare pulizia, servono persone nuove, serve aria fresca. Invece c'è il rischio che «la lista del governatore» non vorrei che diventasse il paracadute per riciclare politici in odore di trombata da parte del corpo elettorale come la Donazzan: difficile una elezione di quest'ultima con Forza Italia in caduta libera e improbabile una sua candidatura con Fratelli d'Italia, vista la forte concorrenza interna di Sergio Berlato in provincia di Vicenza.

Se Zaia ha coraggio deve smarcarsi da questo modo vetusto di concepire la politica come accordo al ribasso. Lasci al loro destino queste vecchie volpi, queste cariatidi da corridoio, e punti su persone nuove. Altrimenti la sua immagine e la sua credibilità risulteranno compromesse. Per sempre.

mercoledì 26 novembre 2014

Un urlo nella notte

L'insostenibile leggerezza dell'essere di Milan Kundera potrebbe essere rovesciata nel significato addosso al nostro Paese. Un Paese pesante, quasi insopportabile ai miei occhi e con lui tanti, troppi italiani trasformisti, furbetti, voltagabbana. Un Paese vittima dei suoi stessi difetti: senso civico nullo, nessun rispetto per le istituzioni, individualismo di massa, imperante opportunismo.

La politica riflette bene tutti i mali che sono dentro alla società italiana. Oggi ci ritroviamo con qualche faccia nuova che ragiona però da vecchio, incapace di cambiare i (mal)costumi e la mentalità di una nazione allo sbando, vicina moralmente ed economicamente al punto di non ritorno. Non che altrove si stia molto meglio. Ma qualche riforma e qualche faccia realmente nuova la stanno proponendo. Noi abbiamo un primo ministro che da mesi chiacchiera; le uniche cose che ha fatto, non solo per colpa sua a dire il vero, è dare una mancia a dieci milioni di italiani, (con la quale, beato lui, pensava magicamente di rilanciare i consumi) ed abolire (forse) il Senato.

Dall'altra parte abbiamo un vecchio pregiudicato che, nonostante tutto e tutti, continua a resistere. Che non si toglie dalle palle, interessato com'è solo a difendere le sue aziende. Oggi ha detto che vorrebbe fare il suggeritore dietro a Salvini. Se la Lega non vuole condannarsi da sola deve una buona volta, sbarazzarsi di Berlusconi e dei vari cespuglietti di destra come Ncd ed Udc. Diversamente non sarà credibile. Serve aria nuova, serve un vero rinnovamento. Serve carisma, coraggio. Sono arcistufo di vedere sempre gli stessi metodi e gli stessi trasformismi nella politica italiana.  È un po' imbarazzante per me, che mi considero un cittadino del mondo, dover confrontare persone come Vendola, Cuperlo, Fassina con giovani leader del calibro del greco Tsipras o dello spagnolo Iglesias. Servono una destra e una sinistra realmente riformiste non trasformiste.

Eliminare l'articolo 18 non vuol dire riformare un Paese. Serve ben altro: lotta vera alla corruzione, lotta vera agli sprechi, federalismo fiscale, applicazione di una vera spending review, riforma vera della pubblica amministrazione, rilancio vero del territorio, un piano vero per la industria culturale e del turismo, vero petrolio del nostro paese. Il premier Matteo Renzi, un piddino di destra, vuole solo tagliare lo stato sociale, senza eliminare privilegi, rendite di posizione, inefficienze. Senza un credibile piano di ristrutturazione della nostra economia realizzare inutili opere pubbliche non serve a rilanciare le nostre piccole e medie imprese. Il premier è un giovane che usa schemi vecchi e logori. Qualcuno vuole cambiare veramente? Italiani di buona volontà se ci siete battete un colpo, uniamoci per cambiare davvero. O non resterà che mollare la barca al suo destino.

Per l'Ue non possiamo pubblicizzare il nostro vino

Noi veneti dovremmo essere molto preoccupati per come il parlamento italiano sta recependo la disciplina europea in materia di pubblicizzazione della origine geografica del vino. C'è il rischio infatti che i viticoltori, e la cosa toglierà il sonno ai piccoli che hanno scelto una produzione di altissima qualità, siano de facto colonizzati dalle grandi produzioni alle quali sarà garantito di identificare come vitigno italiano autoctono, qualsiasi vite piantata sul suolo italiano dopo la entrata in vigore della legge. Di più, sempre in forza di una fumosa e maliziosa normativa europea, che il legislatore italiano sembra volere riproporre pari pari, sarà impedito ai viticoltori italiani di indicare nel materiale informativo a supporto della produzione la possibilità di indicare la regione di provenienza della produzione in questione.

Si tratta di una eventualità che colpirà gli addetti del settore della nostra regione, soprattutto chi non rientra nella galassia delle grandi e grandissime imprese. A Bruxelles, con la complicità di Roma, hanno messo a punto un meccanismo mortifero rispetto al quale sia gli eurodeputati italiani (vero Alessandra Moretti e altri?), sia i parlamentari romani nulla hanno detto. E se qualcosa hanno detto la loro voce è stata quella di una trombetta sfiatata.

Ma la cosa che chiede vendetta al cospetto del cielo è l'immobilismo, se non la complicità verrebbe da dire, della categorie interessate, a partire da Coldiretti, che ben si sono guardate dallo sbranare l'europarlamento, le lobby della grande distribuzione e della grande industria alimentare, in una con gli eletti, in Europa, a Roma e in Regione Veneto, non fa importanza, i quali non si sono scagliati con estrema violenza contro questo inciucio. D'altronde, sulla tendenza all'accomodamento di Coldiretti la dice lunga l'inchino di quest'ultima alla Pedemonatana Veneta, laddove la Coldiretti stessa, al posto di osteggiare l'opera con ogni mezzo, ha preferito fare da mediatore, con rimborso spese annesso, tra il proponente e gli espropriati suoi iscritti. Noi veneti dobbiamo solo vergognarci di noi stessi, perché a parole siamo capaci a sbraitare, ma quando si tratta di esporsi in battaglia allora le cose cambiano e per un piatto di lenticchie, si aprono nel nome del più basso compromesso.

E non si dica che il problema non era stato segnalato poiché è da questa primavera che la federazione dei vignai indipendenti, la Fivi, ha messo in allarme l'opinione pubblica dando contezza dei dubbi espressi in sede di commissione agricoltura: nella quale spero che i parlamentari che si dicono più attenti alle esigenze del territorio, a partire dai Cinque Stelle, facciano davvero il diavolo a quattro. La materia non è complessa, la stampa specializzata ne ha parlato con dovizia di dettaglio, ma dietro questo silenzio generalizzato deve esserci senza dubbio l'azione di dissuasione, magari lautamente propagandata, di qualche lobby potentissima. A questo punto mi viene da dire, Renzi, Moretti, Zaia, Salvini, De Menech, Filippin, Cappelletti, Benedetti, Sbrollini, Manzato, D'Incà, Toniolo, Variati, Muraro e via dicendo... se ci siete battete un colpo! Volete passare come quelli che hanno mandato alla malora le nostre eccellenze vitivinicole sull'altare delle multinazionali?

lunedì 24 novembre 2014

Il tempo è scaduto

Stanchezza, rancore, disillusione, ricerca di certezza anche a costo di doversi affidare a vecchie pratiche, crisi incalzante, nodi irrisolti che vengono sempre più al pettine, bugie, rabbia, incapacità di leggere l'orizzonte. È questo il puzzle che si profila davanti allo scenario politico italiano di medio termine.

E si tratta di uno scenario che nasconde una miscela incendiaria. Le difficoltà di una classe dirigente che cerca solo di mantenere le sue rendite di posizione è stata a mala pena mascherata dal susseguirsi di governi (Berlusconi, Monti, Letta, Renzi) la cui funzione primaria è stata quella di cercare di fare dimenticare agli italiani, popolo notoriamente dalla memoria cortissima, che nelle grandi scelte o non scelte sono stati l'uno uguale all'altro. Una soffocante similitudine nella quale si sono celati bocconi amari che comunque il Paese ha dovuto ingurgitare.

A livello internazionale però la situazione è più che mai complicata e non fornità all'Italia un piedistallo per ricominciare un percorso virtuoso. I chiari di luna non sono affatto buoni e ce la dovremo cavare da soli, fra l'indifferenza quando non fra la ostilità dei nostri partner. Lobby, potentati, obbedienze massoniche, comitati d'affari, mafie, sono condannati a fare il proprio interesse per sopravvivere. Per questo motivo è giunto il momento che il Paese liberi quelle poche energie sopite. Le energie di chi ha capito che non ci possiamo più permettere il costo morale, umano, economico e sociale del peso della colossale piramide di potere che grava su di un popolo in buona parte rassegnato o tacitamente votato ad un andazzo del genere.

sabato 22 novembre 2014

Sono incazzato

Ieri sera sfogliando qua e là un po' di quotidiani on-line mi sino imbattuto in un approfondimento de El Pais, uno dei maggiori giornali spagnoli. E a mio avviso uno dei migliori in Europa. «Il neonato partito Podemos ha intenzione di cambiare strategia comunicativa», si legge nell'articolo che riferisce una notizia all'apparenza banale ma che mi ha dato la stura per cercare in rete altre notizie più dettagliate su questa giovane formazione politica. Così mi sono imbattuto nella foto di uno dei fondatori di Podemos, un ragazzo giovane neppure trentenne e su alcune dichiarazioni riferite al neo-segretario generale del partito Pablo Iglesias.

Incuriosito mi sono messo a cercare notizie più precise su Iglesias. Ho scoperto un curriculum di spessore, una vita vissuta con intensità, una persona giovane, ma ricca di esperienza. Poi mi sono chiesto: ma è possibile che in Italia non possa nascere un partito come Podemos, un partito nato da un gruppo di giovani entusiasti e capaci? Si badi bene il punto non è la collocazione politica. Il punto è la chiarezza dell'orizzonte, la coerenza dell'azione, la trasparenza nell'organizzazione. Sono valori prepolitici che dovrebbero coinvolgere tutti gli schieramenti, destra, centro, sinistra, sopra e sotto. Non ci sono giovani di questo tipo in Italia che coniughino in modo virtuoso merito e metodo? Forse sì, ma il nostro Paese li brucia.

Fatte le debite proporzioni in Grecia un fenomeno simile lo ha vissuto Syriza, formazione capeggiata dal giovane Tsipras, prima nei sondaggi nel suo Paese. Da noi invece segnali di questo tipo non ce ne sono. Da noi purtroppo hanno la meglio i vecchi trasformisti o i nuovi volti senza contenuti o senza competenza. In Spagna o in Grecia ci sono partiti e movimenti che potrebbero presto prendere il potere o comunque avere responsabilitàdi governo; partiti composti da una giovane classe dirigente.

Per questo sono incazzato e molto con il nostro Paese e la sua mentalità conservatrice, vecchia che stronca sul nascere qualsiasi afflato che porti in grembo una novità vera. Da noi il nuovo dovrebbe essere rappresentato dal M5S, ma dietro Grillo e Casaleggio, sul piano politico con la "P" maiuscola, c'è il vuoto. I due ormai si sono ridotti alla stregua di praticanti della politica con l'unico scopo di imbrigliare un po' di scontento. Di conseguenza il M5S, e lo dico a malincuore, s'è trasformato in un tappo che di  fatto impedisce il nascere di forze nuove, capaci, come Syriza e Podemos, di rappresentare vere e fondate istanze di cambiamento. È arrivato il momento di rifare questo Paese, di rifondarlo con coraggio e convinzione. Non possiamo più permetterci di vegetare aspettando miracoli che non accadranno. In Spagna e Grecia ci sono già i leader del futuro.

Negli anni '80 eravamo tra le prime cinque nazioni più industriaizzate nel globo. Oggi siamo caduti in 11esima posizione mentre ci avviamo in quindicesima. Siamo un Paese condannato a deperire? Non lo so ma le colpe sono di tutti: a partire da una classe dirigente avida, senza orizzonti, per arrivare ad un popolo individualista e votato per sempre al tornaconto personale. Egoismo e senescenza da noi si sono accoppiati e hanno generato un ibrido che divora ogni cosa. Ache sé stesso.

martedì 18 novembre 2014

Che barba che noia,che noia che barba

Ricordate gli sketch di Raimondo Vianello e Sandra Mondaini? Ricordate quando alla fine della puntata quest'ultima, a letto col marito si lamentava della abitudinarietà di quest'ultimo con la mitica frase «Che noia che barba, che barba che noia?».

La stessa frase la si potrebbe cucire addosso al nostro Paese. Da venti anni o più sento i soliti discorsi. Sento che dobbiamo cambiare, innovare, ristrutturare, buttare a mare la classe politica, puntare sui giovani. E dopo venti anni nei quali non abbiamo fatto alcuna riforma, siamo al punto di partenza. Per colpa dei politici? O forse anche di una società vecchia, con una mentalità campanilista, eccessivamente individualista e che per troppo ha guardato (e continua a farlo) solo i propri esclusivi interessi? Che cosa ci possiamo aspettare da una società come questa?

Temo siamo dentro ad un circolo vizioso senza uscita. Serve una vera rivoluzione culturale. Il M5S che aveva alimentato grandi aspettative le sta deludendo, imprigionato nei suoi slogan e in un ceto politico di spessore nullo. Il Pd è un conglomerato informe; non ha un chiaro progetto di riforme economiche e strutturali. È ostaggio del proprio ingombrante leader, un politico che sta riducendo sistematicamente le prerogative del parlamento e che vive a furia di spot e tweet. Dall'altra parte c'è l'ormai vecchio Berlusconi, un politico al crepuscolo alla cui ombra si scannano leaderini di basso spessore culturale. Un Berlusconi interessato ormai solo a difendere gli interessi delle proprie aziende. La rinascita della Lega Nord è forse l'unico dato politico sensibile di queste ultime settimane. Bisognerà vedere se Salvini rimarrà al traino di Berlusconi o se riuscirà veramente a rappresentare un punto di rottura rispetto all'asse Pd-Pdl, il cui unico interesse è preservare certe strutture di potere. E poi mi domando. Che fine ha fatto la sinistra? Chi rappresenta oggi le fasce più deboli? Anche da quelle parti il vuoto lasciato dagli eredi del Pci andrebbe colmato con un progetto serio, agganciato alla realtà e posato su solide basi culurali e scientifiche, cosa che in Spagna sta provando a fare Podemos. Verrebbe da domandarsi. Dobbiamo rassegnarci a questa deriva? A una lenta morte del Paese?

I disastri di questi giorni dimostrano quanto sbagliate siano state le politiche di questi ultimi vent'anni, con un territorio sistematicamente usato da tutti per fini meramente speculativi. Avevamo un nostro petrolio sotto i nostri piedi: un territorio e un patrimonio culturale unico al mondo e invece lo stiamo scassando come una vecchia gettoniera di banda. In altre occasioni gli italiani l'hanno scampata. Ci vorrà questa volta molta audacia e molta visione per uscire da una situazione oggettivamente complicata.

domenica 16 novembre 2014

Lettera aperta a Luca Zaia

Gentile presidente Zaia,

ho seguito ieri la sua intervista su Rete Veneta. Come è Sua consuetudine Lei è stato diretto nonché efficace nella Sua comunicazione. Ho apprezzato la schiettezza del Suo passaggio in materia di sanità, riduzione dei costi, gestione efficente delle risorse, autonomia o indipendenza del Veneto.

Mi hanno colpito le sue parole quando Lei ha parlato della limitatissima libertà nella gestione delle risorse finanziarie: stando ai suoi dati infatti si tratta di soli 79 milioni su un bilancio di 12 miliardi, nel quale di fatto i costi sono incomprimibili. In queste condizioni è di fatto impossibile pianificare qualsiasi attività a favore del nostro territorio.

Vengo poi ad un altro punto che mi ha colpito. Ovvero quello relativo al patto di stabilità in forza del quale alla regione sarebbe oggi impedito l'intervento a tutela del regime idrogeologico. I soldi ci sono come lei dice, ma è impossibile toccarli quindi di fatto è come se non ci fossero. Poiché il patto di stabilità è formato da una stratificazione di norme sedimentatesi nel tempo per opera sia del centrosinistra che del centrodestra, è bene che la politica tutta si interroghi su questo strumento che non facilita la vita degli enti locali. Sugli scandali che hanno sconvolto la nostra regione Lei ha tenuto a precisare che non c'è alcun Suo coinvolgimento personale.

Rispetto alla gestione Galan questo è un punto a Suo favore, ma la Sua giunta dovrebbe solennemente impegnarsi affinché tali scandali non si ripetano più. In questo senso bisogna augurarLe di portare a compimento i buoni propositi messi nero su bianco recentemente. Ma da veneto doc Le vorrei chiedere di stringere un patto con noi cittadini. Un patto che riguardi il territorio, le eccellenze, il turismo di qualità, i nostri prodotti doc e dop, la tutela del nostro patrimonio culturale. Il 35% del nostro pil è generato dall'industria turistica; rilanciando e dando dignità al nostro patrimonio quest'ultimo oltre ad essere salvaguardato contribuirebbe ancor di più al nostro benessere. Questo è il nostro vero petrolio.

Da anni la Lega dice di incarnare l'orizzonte degli artigiani, dei piccoli produttori, dei piccoli commercianti. In nome di questo legame Le chiedo di impegnarsi a chiudere definitivamente l'epoca delle grandi opere, dei project finacing. Non portano valore aggiunto e distruggono il nostro bene più prezioso (peraltro gia' seriamente compromesso): il territorio. Le chiedo di porre un freno invalicabile e definitivo alla cementificazione per evitare ulteriori disastri e di dare completamento all'opera strategica più urgente per il nostro Veneto: la messa in sicurezza e la tutela idrogeologica. Non possiamo permetterci altre situazioni come la alluvione del 2010. Le chiedo anche di esoratare con forza il consiglio regionale ad approvare la norma che limita i mandati dei consiglieri regionali. Come Lei ricordava il governatore può fare al massimo due mandati, i sindaci lo stesso, perche i consiglieri no?

Sarebbe un segnale forte di discontinuità verso una società che si fida sempre meno della politica. Se come sembra lei promuoverà una lista civica con il suo nome punti su volti nuovi, fuori dai giochi dei palazzi e in grado di lavorare seriamente e con competenza per il Veneto per i Veneti, soprattutto assieme ai veneti. La nostra regione ha tutte le potenzialita'per tornare a correre (si spera libera dagli errori madornali del passato) ma dobbiamo tutti noi impegnarci per iniziare un nuovo percorso, lasciandoci alle spalle i vincoli assurdi che Roma e Bruxelles ci impogono.

Serve anche con loro un nuovo patto che ridia slancio alla nostra regione e le permetta di agganciarsi, come ci spetta, alle aree a noi affini che oggi sono tra quelle culturalmente ed economicamente più avanzate più avanzate del nostro continente come, ad esempio la vicina Baviera o il Baden. Le auguro buon lavoro, ma le ricordo che il tempo per una svolta radicale è agli sgoccioli.

Francesco Celotto

mercoledì 12 novembre 2014

Un bolide volante impazzito

Di recente ho letto un intervento apparso sulla piattaforma del M5S di Venezia. Il quale mi ha dato ulteriormente l'impressione che i Cinque stelle veneti (ma non solo veneti) si siano ridotti ad una conventicola di pasdaran al servizio del famoso staff della Casaleggio associati. Questo gruppetto di persone fa e disfa a proprio piacimento, detta i tempi sulle modalità di scelta dei candidati, crea le regole e cosi via. Ma quale sarà la traiettoria di questo bolide volante sempre più impazzito?

Dopo il tormentone relativo alla scelta e alla composizione dei listini su base provinciale in previsione delle regionali, adesso arriva il momento di scegliere il candidato governatore per il M5S. e così si torna a parlare di modi e tempi della campagna, di controllo della esposizione mediatica (sigh!), di che cosa debbano fare o non fare i candidati e via cianciando. Nell'intervento prima richiamato si sostiene che tali condotte siano ferreamente determinate da Luciano Claut, noto esponente del M5S nel Veneziano nonché assessore all'urbanistica a Mira. Di più, fra i commenti all'intervento firmato «marco.m», ovvero Marco Marchiori, ne compare uno dello stesso autore nel quale si menziona una e-mail che quest'ultimo avrebbe ricevuto sempre da Claut. Nella quale si parla di un incontro organizzativo aperto ad ogni attivista ma precluso ai giornalisti. Cosa demenziale per vari aspetti. Che cosa succede se un attivista è anche un giornalista? Gli si chiede di scollegare il cervello alle sinapsi della stampa? E come ci si accorge se sotto le spoglie di un attivista si nasconde un cronista? Si interroga l'ordine? E se questo tizio è un praticante non iscritto ma che poi riporta quanto accaduto sul giornale o in tv?

Ha forse qualcosa da nascondere il buon Luciano? Ricordo in tal senso il caos accaduto qualche settimana fa a Venezia durante una «graticola» di presentazione dei potenziali candidati Cinque stelle, quando si presentarono i giornalisti e furono lasciati fuori, scatenando la reazione indignata persino dell'ordine dei giornalisti del Veneto. Ma di queste figure barbine Luciano, grillino doc duro e puro, se ne frega, impegnato com'è a diffondere tra le truppe la filosofia grillina, in attesa che questa dilaghi in regione e nel paese. Sveglia belli!

È incredibile come il gruppo di coordinamento della provincia di Venezia (auto-nominato e composto oltre che dall'attivissimo Claut anche da Luisa Mazzariol e Serena Giuliato, presidente quest'ultima del consiglio comunale di Mira) prosegua imperterrito sulla sua strada nonostante le tante critiche ricevute. È evidente che ha il placet e l'appoggio di chi conta nella oligarchia veneta a Cinque stelle: leggi David Borrelli (oggi eurodeputato di peso, primo consigliere comunale d'Italia nel M5S a Treviso ai tempi del 2008, da sempre fedelissimo di Casaleggio). Con Borrelli c'è il suo fedele scudiero Federico D'Incà (deputato bellunese che dopo la batosta delle europee è stato incaricato di sovraintendere alle elezioni regionali, dato che il suo superiore Borrelli è formalmente impegnato a Bruxelles).

Luciano Claut, uno dei pionieri del M5S nel Veneto dal lontano 2009 è membro di spicco della giunta comunale di Mira. Architetto, ex assistente di Vittorio Gregotti decano allo Iuav oggi in pensione, pare che il Claut si dedichi a tempo pieno alla politica: riceve forse per questo qualche aiuto dalla Caseleggio associati?  Già perché pare bassino lo stipendio di mille euro da assessore a Mira. Ad ogni modo l'architetto è ormai uno dei fedelissimi componenti in pianta stabile del cerchio magico con filo diretto a Gianroberto e Beppe. Gli altri vicinissimi sono Gianni Benciolini (consigliere comunale a Verona ), Giovanni Endrizzi (senatore padovano), e, appunto Borrelli e D'Incá.

Questi sono gli ortodossi a Cinque stelle incaricati di diffondere il verbo, applicare le regole, strigliare le truppe, rassicurare che il movimento sta benone, che non c'è alcuno strappo interno e che qualche piccola uscita è pure fisiologica. Ecco chi sono lorsignori, meri ragionieri d'apparato, interessati alle regole e non ai programmi; e ancor meno interessati alle proposte per il nostro territorio. Alla faccia di chi vorrebbe un M5S libero da strutture di coordinamento; un movimento in cui uno dovrebbe contare uno.

Ora che le cose hanno proceduto per filo e per segno come i servitori hanno voluto, pardon suggerito, e che la situazione ha raggiunto livelli quantomeno imbarazzanti, occorre domandarsi due cose. Uno, chi è responsabile di tutto ciò? Due, chi sarà ritenuto responsabile se il voto alle regionali fosse un mezzo o un intero flop? 

Prendendo spunto da quanto afferma Marco Marchiori (consigliere comunale a Mirano, una delle poche teste pensanti rimaste nel M5S veneto)  se fossi nei panni dei quarantotto fortunati candidati regionali mi preoccuperei, e non poco. E cito Marchiori: «Li attende una maratona di lavoro e di preoccupazioni: la proposta politica li occuperà in minima parte. Una minima proposta politica potrebbe comportare, a loro carico, un'infamante accusa di arrivismo e personalismo» dal momento in cui alcuni «solerti funzionari hanno fatto votare... una rassicurante mozione per il comunitarismo, il termine, sarà per i venticinque anni dalla caduta del muro di Berlino mi rammenta qualcosa... Come nei quattro mesi passati» questi fortunati-sfortunati «saranno impiegati a dimostrare il solito teorema: se avranno successo saranno debitori di un simbolo». In caso di sconfitta «la colpa sarà loro e soltanto loro».

lunedì 3 novembre 2014

Veneto, sfida aperta in vista delle prossime regionali

Tra qualche mese nel Veneto si vota per le regionali. Si tratta di un appuntamento molto importante dall'esito, in questa tornata, non scontato come invece accadde in altre occasioni. La sfidante del governatore Zaia sarà quasi sicuramente Alessandra Moretti, appoggiata da Confindustria e da altri pezzi dei poteri forti della nostra regione. Il Pd secondo i sondaggi alle prossime regionali che si terrano in diverse parti d'Italia potrebbe ottenere contro il centrodestra un bel cappotto: un sette a zero tondo tondo. Ma sarà cosi anche nel Veneto? Per il centrosinistra le cose non sono così scontate.

Il governatore leghista Luca Zaia gode ancora di una alta popolarità; la Moretti ha si ottenuto tante preferenze alle europee, ma le regionali sono un'altra cosa e conta anche la persona, la sua storia, il suo passato nonché la sua presa sul territorio. il suo passato. E la Moretti che passato ha? Che storia ha? Soprattutto che progetto ha per il Veneto? Io credo che Renzi abbia saputo intercettare i voti degli imprenditori, del mondo delle partite iva, degli artigiani, ma da questo a dire che nel Veneto il suo candidato sfonderà facilmente ce ne passa. La Lega dal canto suo, se sarà capace di operare una drastica pulizia al suo interno, facendo valere le qualità di leadership e mediatiche del «giovane» Matteo Salvini, potrebbe essere una sorpresa, soprattutto se saprà tornare alle origini, tornare a lavorare nei territori e per i territori. Ad oggi c'è molta attesa nella ventilata lista del presidente Zaia, che si preannuncia formata da volti nuovi. Una lista che viene data capace di raggiungere un 15% tra coloro che si recheranno al seggio. In questa chiave c'è da augurarsi che il consiglio regionale possa approvare con effetto immediatamente retroattivo la regola dei due mandati massimi per consigliere: si darebbe corpo così ad un drastico e necessario rinnovamento all'interno dell'assise.

Serve aria nuova in regione; serve una giunta fatta di persone giovani, serie, non votate all'immobilismo, capaci di portare avanti progetti innovativi che rilancino in modo saggio il nostro tessuto economico, specie quello delle medie e piccole imprese, il nostro ambiente, il turismo di qualità, le produzioni locali ad alto valore aggiunto. Bisogna poi avere il coraggio di bloccare pratiche come il project financing; e con esso la costruzione di alcune grandi opere non strategiche per il nostro territorio.

Non da ultimo uno dei temi forti della prossima campagna elettorale sarà il referendum sulla autonomia o indipendenza del Veneto. Un tema centrale in un momento economico assai delicato come questo. Sarà una campagna elettorale intensa e duellata, nella quale è in gioco molto del futuro del nostro Veneto perché dalle scelte che si opereranno in anni così difficili cambierà sostanzialmente la natura profonda della nostra regione nonché della convivenza dei suoi abitanti.