Il prossimo sarà un anno importante. Si terranno elezioni politiche in Spagna che potrebbero cambiare gli equilibri non solo nel paese iberico ma anche nel continente. Se come prevedibile il neo-nato partito Podemos otterrà dalle urne un risultato a doppia cifra (secondo i sondaggi è oggi attorno al 25%) i riflessi si faranno sentire. Podemos propone una politica contraria all'euro e la nazionalizzazione delle banche in stato di passività, per citare due punti fondamentali del programma. Podemos con la sua ascesa potrebbe rompere certi equilibri, soprattutto l'asse franco-tedesco che oggi ingessa il nostro continente con assurde politiche di austerità utili solo alla Germania. Gli Stati Uniti hanno rilanciato brillantemente la loro economia con una aggressiva politica di bassi tassi e di emissione di moneta. Se questo tabu' verrà rimosso dalla BCE anche l'Europa riuscirà a ripartire. Se Podemos, e anche Siryza in Grecia, avranno un buon risultato alle urne, la politica europea dovrà cambiare, affermando il ruolo dei paesi del sud Europa. E' importante che emergano con forza partiti e movimenti capaci di rappresentare blocchi sociali oggi dimenticati dalle forze politiche di grande coalizione, interessate solo a difendere lo status quo e gli interessi di potenti gruppi finanziari ed industriali. Questa Europa germanocentrica, inefficente e burocratica non serve a nulla. Va riformata in profondità perchè rappresenta alcune lobbies e non le classi medie. E' necessaria la abolizione degli assurdi e rigidi parametri come il limite del 3% del deficit, il patto di stabilità e la impossibilità per la BCE di acquistare titoli di stato. L' Europa necessita un approccio meno ragionieristico e piu' solidaristico. Il 2015 sarà un anno fondamentale per verificare se l'establishment e i poteri forti riusciranno a imbrigliare quel vento di cambiamento, che si sta alzando forte nel mondo, che chiede cambiamenti nel modello economico e di sviluppo. Uno sviluppo sempre meno sostenibile e attento solo a favorire pochi a discapito della collettività e di un ceto medio il cui peso politico è oggi poco rilevante. Chissà se la politica riuscirà a seguire l'esempio di Papa Francesco, figura oggi di riferimento morale e unico a battersi davvero per la dignità dei deboli e per i diritti dei poveri. La chiesa due anni fa scegliendo un papa come Bergoglio ha deciso di rinnovarsi. La politica invece è ancora ostaggio di potenti lobbies e gruppi di pressione, non interessate a uno sviluppo economicamente ed eticamente sostenibile. Rappresenterà il 2015 il punto di svolta?
sabato 27 dicembre 2014
lunedì 22 dicembre 2014
False emergenze traffico
Il governo Renzi rinnova la falsa emergenza traffico nei comuni di Vicenza e Treviso (anzichè nelle province di Vicenza e Treviso) e con esso il commissario straordinario delegato alla costruzione della Superstrada Pedemontana Veneta (ing Vernizzi). Renzi continua nella linea dei predecessori e ci offre lo stesso menu' di grandi opere autostradali e altro, pensando con questo di rilanciare la economia e il nostro territorio. Ormai queste opere fanno parte del passato; non servono alla collettività ma sono funzionali agli interessi di alcuni gruppi. La SPV costerà alle tasche dei cittadini veneti 1 miliardo circa alla faccia degli slogan di Zaia&c che hanno sempre detto che queste grandi opere sono pagate dal privato, con il sistema del project financing. Grandi opere inutili e a carico della collettività. Quante strade e quanto territorio si sarebbe messo in sicurezza presidente Zaia con 1 miliardo di euro? Quante piccole imprese venete potrebbero lavorare?
Di seguito il decreto di proroga dello stato di emergenza
DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 1 dicembre 2014
Proroga dello stato di emergenza determinatosi nel settore del
traffico e della mobilita' nel territorio dei comuni di Treviso e
Vicenza. (14A09624)
(GU n.292 del 17-12-2014)
IL PRESIDENTE
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Visto l'art. 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225;
Visto l'art. 107 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112;
Visto il decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con
modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401;
Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in data
31 luglio 2009, con il quale e' stato dichiarato lo stato di
emergenza determinatosi nel settore del traffico e della mobilita'
nel territorio dei comuni di Treviso e Vicenza;
Visti i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri in data 9
luglio 2010, 17 dicembre 2010, 13 dicembre 2011, 22 dicembre 2012 con
i quali il predetto stato di emergenza e' stato prorogato, da ultimo,
fino al 31 dicembre 2014;
Visto il decreto-legge 15 maggio 2012, n. 59, convertito, con
modificazioni, dalla legge 12 luglio 2012, n. 100, recante
«Disposizioni urgenti per il riordino della protezione civile»;
Visto l'art. 6-ter, comma 1, del decreto-legge 20 giugno 2012, n.
79, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 131,
con cui vengono fatti salvi, tra l'altro, gli effetti dei citati
decreti del Presidente del Consiglio dei ministri recanti la proroga
delle stato di emergenza in rassegna;
Visto il comma 2 del medesimo art. 6-ter, dove e' stabilito che le
previsioni contenute all'art. 3, comma 2, del citato decreto-legge n.
59/2012 non sono applicabili, tra l'altro, allo stato di emergenza in
rassegna;
Considerato che la dichiarazione dello stato di emergenza e' stata
adottata per fronteggiare situazioni che, per intensita' ed
estensione, richiedono l'utilizzo di mezzi e poteri straordinari;
Vista la nota del Presidente della regione Veneto del 30 settembre
2014, con la quale si rappresenta l'esigenza di prorogare lo stato di
emergenza, ai sensi dell'art. 5, della legge n. 225 del 1992, per
consentire il superamento della situazione di criticita' in
argomento;
Vista la nota del 14 novembre 2014 con cui il Ministero delle
Infrastrutture e dei Trasporti ha espresso parere favorevole
all'accoglimento della richiesta di proroga della gestione
emergenziale;
Vista la nota del Dipartimento della protezione civile del 21
novembre 2011;
Considerato che sono ancora in corso le iniziative finalizzate
all'espletamento di tutte le incombenze procedurali tutt'ora
necessarie al perfezionamento degli atti approvativi e delle
procedure espropriative attualmente in corso, nonche'
all'approvazione e realizzazione delle opere necessarie alla
risoluzione delle interferenze;
Ravvisata, pertanto, la necessita' di consentire la realizzazione
di tutte le iniziative di carattere straordinario e derogatorio
finalizzate alla riorganizzazione del sistema viario dei comuni di
Treviso e Vicenza;
Considerata l'esigenza di prevedere la proroga dello stato di
emergenza al fine di porre in essere i necessari interventi
occorrenti per il definitivo rientro nell'ordinario;
Ritenuto, quindi, che la predetta situazione emergenziale persiste,
e che ricorrono i presupposti previsti dall'art. 5, comma 1, della
legge 24 febbraio 1992, n. 225, per la proroga dello stato di
emergenza;
Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella
riunione del 1° dicembre 2014;
Decreta:
Ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 5, comma 1, della legge
24 febbraio 1992, n. 225, per le motivazioni di cui in premessa, e'
prorogato, fino al 31 dicembre 2016, lo stato di emergenza
determinatosi nel settore del traffico e della mobilita' nel
territorio dei comuni di Treviso e Vicenza.
Il presente decreto sara' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana.
Roma, 1° dicembre 2014
Il Presidente: Renzi
giovedì 18 dicembre 2014
BreBeMi, una farsa annunciata
«Meno di cinque mesi sono stati sufficienti per abbandonare i toni trionfalistici con cui era stata salutata l’inaugurazione della nuova autostrada tra Brescia e Milano. La Brebemi, il 23 luglio, era “uno straordinario esempio di successo”, almeno secondo il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni, che era seduto accanto al presidente del Consiglio Matteo Renzi durante l’inaugurazione-evento dell’A35».
Con queste parole Luca Martinelli inizia un lungo approfondimento su Altreconomia.it pubblicato il 16 dicembre.
Il servizio prende in considerazione la controversa storia della Brebemi e lo fa con dati e cifre aggiornati: «Il 15 dicembre, invece, sarebbe arrivato -secondo lo stesso Maroni- il tempo di decidere "se questa opera resta o chiude”, e la discriminante sarebbe la volontà o meno da parte dello Stato di garantire un finanziamento pubblico pari a 270 milioni di euro per rendere sostenibile il piano economico e finanziario dell’opera. Della prima autostrada in Italia che -almeno secondo la vulgata ufficiale- è stata orgogliosamente finanziata interamente da capitali privati. Si tratta di un dato solo parziale, visto l’intervento di Cassa depositi e prestiti e di Banca europea degli investimenti, ma tutto questo oggi è in secondo piano».
Martinelli parla anche di uno scontro maturato tra regione lombardia e lo Stato centrale: «Perché lo “scontro” maturato tra Regione Lombardia e governo (Maroni ha aggiunto che “[l’esecutivo si assumerà la responsabilità delle conseguenze" qualora decidesse di non finanziare a fondo perduto l’opera…), mostra la fragilità della retorica che per 15 anni ha evocato il sogno di una-nuova-autostrada-imprescindibile-per-collegare-Brescia-a-Milano. Quando alle parole avrebbero dovuto sostituirsi i fatti, che in questo caso si chiamano “passaggi giornalieri” e “pedaggi incassati”, lo straordinario esempio di successo è diventato un mezzo flop, tanto che dopo il primo mese la società ha evitato di diffondere statistiche e dati ufficiali. Roberto Maroni, a fine luglio, si era spinto oltre, esaltando la Brebemi che rappresentava la “prima opera di accessibilità al sito Expo Milano 2015 a essere completata e con un anno di anticipo”. Ecco, quest’autostrada rischia di non arrivare all’Expo, anche perché - com’è evidente a chiunque l’abbia percorsa almeno una volta- termina la sua corsa a Melzo, 20 chilometri a Est di Milano, mentre il sito espositivo, l’area che ospiterà l’Esposizione universale, è a Nord-Ovest».
Ma c'è di più. L'analisi si addentra anche sul versante ambientale ed economico: «Oltre a tutti i limiti economici, ambientali e trasportistici dell’opera, che già evidenziamo da anni, e che avevamo rimarcato in un commento 24 luglio, papere fuori luogo -in questo momento- il ruolo di Regione Lombardia, che come azionista di Concessioni Autostradali Lombarde (Cal) è il “concedente”, ma avanza richieste per conto del concessionario autostradale, una società privata di progetto il cui primo azionista è Intesa Sanpaolo. Forse lo scontro tra Roberto Maroni e il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi, che porta il governo ad assumere una posizione fortemente critica rispetto alla possibilità di finanziarie l’opera, si “fonda” su aspetti non inerenti alla BreBeMi, come gli equilibri di giunta in Regione Lombardia tra Lega e Ncd o la campagna elettorale per la elezione del nuovo sindaco di Milano nel 2016. Ma questo, oggi, non è importante».
L'articolo si conclude con una ulteriore analisi sempre in termini economici: «Semmai, dimostra ancora di più il livello di approssimazione con cui sono state prese e vengono prese decisioni strategiche importanti, come quelle relative alla costruzione di una nuova autostrada, costata oltre 2,5 miliardi di euro (che qualcuno, prima o poi, dovrà restituire ai soggetti che li hanno prestati)».
domenica 14 dicembre 2014
Fermiamo i tedeschi
Ho postato qualche giorno fa una intervista al presidente della Bundesbank Weidmann da cui si desume che i tedeschi si oppongono a un sostanziale cambiamento della politica monetaria della BCE. In questo momento per uscire dalla situazione di crisi l'Europa dovrebbe seguire le orme della Federal Reserve americana e cioè agire sulla leva monetaria, stampando moneta attraverso il riacquisto massiccio di titoli di stato. Fino ad oggi i tedeschi si sono opposti agli aiuti agli stati, concentrandosi solo sugli aiuti alle (loro)malandate banche. Una politica miope perchè se la Grecia, oggi sull'occhio del ciclone, dovesse fallire, trascinerebbe in una difficile situazione l'Europa e anche i tedeschi, che per inciso ci rimetterebbero attraverso il fondo salva-stati (esm) 45 miliardi di euro (noi ne perderemmo circa 20). I tedeschi in realtà non vogliono accettare un taglio consistente del debito pubblico greco perchè temono che potrebbe costituire un precedente pericoloso. A quel punto infatti l'Italia potrebbe chiedere lo stesso aiuto e far saltare le banche e i sistemi finanziari di mezza Europa. Il debito greco è poca cosa, solo il 2% del debito pubblico della UE ma la Grecia è l'agnello sacrificale: un messaggio rivolto chiaramente a noi italiani che deteniamo il 12% del debito pubblico della Unione Europea (che sale al 20% circa considerando solo i paesi che hanno adottato l'euro).Se il nostro paese dovesse chiedere di rinegoziare il debito pubblico, tagliando magari il debito del 50%, sarebbe la fine dell'Europa con conseguenze drammatiche. Il problema è che il debito greco (ma anche quello italiano) è insostenibile (175% del pil) e quindi, volenti o nolenti, la Germania dovrà accettare la rinegoziazione di questo. Oppure il riacquisto di tutto il debito da parte della BCE che aprirebbe di fatto la strada al quantitative easing (stampa di moneta) caldeggiato da Mario Draghi. Altre soluzioni non esistono e ormai il tempo delle chiacchere è scaduto. I tedeschi si adeguino, va fermata la loro assurda pretesa di condizionare con la politica di austerità mezza Europa. La Grecia è stata distrutta da 6 anni di politiche di rigore della famosa troika (ue,fmi,bce) e di fronte alle ulteriori assurde pretese di tagliare ancora la spesa pubblica e gli stipendi la popolazione ha detto basta. Si profilano elezioni generali in Grecia a febbraio e con tutta probabilità vincerà Syriza partito di sinistra che chiede il taglio del debito pubblico greco e la fine delle politiche di austerità imposte dai tedeschi. La cura da cavallo non ha dato alcun risultato e la Comunità Europea si trova di fronte a un bivio: o si inserisce un principio di solidarietà tra stati (e quindi una sorta di debito comune a tutti), bloccando da subito le inutili politiche di rigore pantedesche oppure alcuni stati, loro malgrado, saranno costretti a dichiarare bancarotta con conseguenze disastrose per tutti, tedeschi in testa. A quel punto la Unione Europea smetterà di esistere. Oggi va fermata con forza la politica di austerità tedesca e lanciato un piano europeo di investimenti attraverso la emissione di euro-bond accompagnata da un piano di riacquisto del debito pubblico. In caso contrario le conseguenze anche sociali saranno disastrose ed imprevedibili.
sabato 13 dicembre 2014
I tre tappi
La politica attraversa oggi la fase più critica degli ultimi 30 anni forse. Il discredito è massimo, la gente non va più a votare. Questo trend continuerà se non interverranno nuovi fattori. Oggi più che mai il nostro paese ha bisogno di riforme che tardano a venire, anche per responsabilità che coinvolgono chi dovrebbe rappresentare le fasce deboli della popolazione o chi dovrebbe rappresentare le istanze di novità scaturite dal voto del 2013. Ieri c'è stato lo sciopero a cui hanno partecipato oltre un milione di persone. Oggi i sindacati rappresentano ancora gli interessi dei lavoratori? Sono portatori di nuove istanze riformiste o non sono piuttosto parte del vecchio sistema che va rimosso? A me pare che i sindacati siano un potente freno al cambiamento. Continuano a usare la vecchia retorica del passato, rappresentano di fatto solo il lavoro dipendente e i pensionati, si oppongono alla riforma degli ammortizzatori sociali (cassa integrazione in primis) perché farebbe perdere loro uno strumento di negoziazione collettiva, quindi di controllo sui lavoratori dipendenti e di gestione del potere. Invece di favorire la introduzione del sussidio universale di disoccupazione (presente in moltissimi paesi europei) o del reddito di cittadinanza, essi si trincerano dietro alla difesa solo di alcune categorie e blocchi sociali. Escludendo di fatto dal loro raggio di azione tante categorie solo perché non rappresentano un bacino utile ai loro fini. Per non parlare dei benefici che hanno i sindacati: non sono obbligati per legge a presentare il bilancio, godono di esenzioni fiscali sul loro enorme patrimonio immobiliare, applicano spesso ai loro stessi lavoratori le clausole inique che tanto criticano (non hanno l'articolo 18 e spesso utilizzano contratti a termine). I sindacati più che difendere i lavoratori difendono se stessi e la loro sopravvivenza. Servono organizzazioni che difendano i lavoratori e i pensionati ma i sindacati italiani hanno bisogno di una reale profonda trasformazione. Anche la sinistra dovrebbe riformarsi invece usa ancora slogan che andavano bene 30 anni fa. Non si può lasciare la rappresentanza della sinistra in mano a Vendola (che come governatore della Puglia ha coperto le porcate della Ilva di Taranto) o a D'Alema. Vecchi cadaveri che non vanno riesumati perché non rappresentano nulla. Serve una sinistra nuova, una sinistra sensibile anche al tema dell'ambiente e al rispetto del territorio, vera emergenza nazionale, che sappia coniugare modernità e rilancio del made in Italy. Non una sinistra vecchia infarcita di slogan e di personaggi falliti politicamente. Infine due battute anche sul Movimento 5 Stelle che doveva rappresentare il nuovo, ma invece si trova immerso in una grave crisi di identità, latitante su tutti i temi caldi della attualità politica. Serviva un movimento fuori dai giochi per portare aria nuova in parlamento e fuori, ma oggi quel movimento si è trasformato in un ingombrante e sterile strumento che porta avanti inutili battaglie come il referendum sulla abolizione dell'euro. Oltre a non potersi fare perchè la nostra costituzione non lo prevede, la raccolta firme che parte oggi serve solo a proporre una legge di iniziativa popolare in tal senso. Legge che poi dovrà essere presentata in parlamento e approvata ( chissa se e quando). L'ennesima iniziativa di Grillo e Casaleggio, nulla più di una boutade utile per riunire le truppe e ridare fiato a un movimento lacerato dalle ultime espulsioni. Questi sindacati, questa sinistra e questo M5S sono tre tappi che contribuiscono a bloccare e rendere piu' difficile quel processo di nascita e riaggregazione di forze nuove, che siano davvero in grado di progettare un nuovo percorso per l'Italia. Il tempo è poco e se non lo sapremo fare ci ritroveremo la troika, cioé i tedeschi, al governo tra qualche anno.
domenica 7 dicembre 2014
Caro Pizzarotti se hai coraggio fai un passo in avanti
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