venerdì 28 novembre 2014

Caro Zaia, lasci le vecchie cariatidi nei corridoi

Qualche tempo fa una voce autorevole vicina a Luca Zaia mi aveva confermato quanto si sapeva da tempo. E cioè che il governatore del Veneto avrebbe presentato una sua lista civica alle elezioni regionali composta tutta da facce nuove, prese dalla società civile, dal mondo dell'impresa.

Mi era sembrata una ottima mossa, una vera novità che avrebbe portato aria nuova in regione, visto poi che secondo i sondaggi questa lista sarebbe accreditata di un 15%. Significherebbe portare più o meno dieci facce nuove, estranee agli apparati, in consiglio regionale a Venezia.

Ieri però, a conferma di qualche voce che aveva cominciato a circolare a palazzo Balbi, leggo sul Gazzettino che nientemeno che la sempreverde Elena Donazzan (in politica ininterrottamente dal 1997 e in regione dal 2000) starebbe confluendo verso la lista Zaia. Bell'esempio di novità. Ma allora che cosa dobbiamo pensare? Se questi sono i nomi che circolano proprio non ci siamo. Serve fare pulizia, servono persone nuove, serve aria fresca. Invece c'è il rischio che «la lista del governatore» non vorrei che diventasse il paracadute per riciclare politici in odore di trombata da parte del corpo elettorale come la Donazzan: difficile una elezione di quest'ultima con Forza Italia in caduta libera e improbabile una sua candidatura con Fratelli d'Italia, vista la forte concorrenza interna di Sergio Berlato in provincia di Vicenza.

Se Zaia ha coraggio deve smarcarsi da questo modo vetusto di concepire la politica come accordo al ribasso. Lasci al loro destino queste vecchie volpi, queste cariatidi da corridoio, e punti su persone nuove. Altrimenti la sua immagine e la sua credibilità risulteranno compromesse. Per sempre.

mercoledì 26 novembre 2014

Un urlo nella notte

L'insostenibile leggerezza dell'essere di Milan Kundera potrebbe essere rovesciata nel significato addosso al nostro Paese. Un Paese pesante, quasi insopportabile ai miei occhi e con lui tanti, troppi italiani trasformisti, furbetti, voltagabbana. Un Paese vittima dei suoi stessi difetti: senso civico nullo, nessun rispetto per le istituzioni, individualismo di massa, imperante opportunismo.

La politica riflette bene tutti i mali che sono dentro alla società italiana. Oggi ci ritroviamo con qualche faccia nuova che ragiona però da vecchio, incapace di cambiare i (mal)costumi e la mentalità di una nazione allo sbando, vicina moralmente ed economicamente al punto di non ritorno. Non che altrove si stia molto meglio. Ma qualche riforma e qualche faccia realmente nuova la stanno proponendo. Noi abbiamo un primo ministro che da mesi chiacchiera; le uniche cose che ha fatto, non solo per colpa sua a dire il vero, è dare una mancia a dieci milioni di italiani, (con la quale, beato lui, pensava magicamente di rilanciare i consumi) ed abolire (forse) il Senato.

Dall'altra parte abbiamo un vecchio pregiudicato che, nonostante tutto e tutti, continua a resistere. Che non si toglie dalle palle, interessato com'è solo a difendere le sue aziende. Oggi ha detto che vorrebbe fare il suggeritore dietro a Salvini. Se la Lega non vuole condannarsi da sola deve una buona volta, sbarazzarsi di Berlusconi e dei vari cespuglietti di destra come Ncd ed Udc. Diversamente non sarà credibile. Serve aria nuova, serve un vero rinnovamento. Serve carisma, coraggio. Sono arcistufo di vedere sempre gli stessi metodi e gli stessi trasformismi nella politica italiana.  È un po' imbarazzante per me, che mi considero un cittadino del mondo, dover confrontare persone come Vendola, Cuperlo, Fassina con giovani leader del calibro del greco Tsipras o dello spagnolo Iglesias. Servono una destra e una sinistra realmente riformiste non trasformiste.

Eliminare l'articolo 18 non vuol dire riformare un Paese. Serve ben altro: lotta vera alla corruzione, lotta vera agli sprechi, federalismo fiscale, applicazione di una vera spending review, riforma vera della pubblica amministrazione, rilancio vero del territorio, un piano vero per la industria culturale e del turismo, vero petrolio del nostro paese. Il premier Matteo Renzi, un piddino di destra, vuole solo tagliare lo stato sociale, senza eliminare privilegi, rendite di posizione, inefficienze. Senza un credibile piano di ristrutturazione della nostra economia realizzare inutili opere pubbliche non serve a rilanciare le nostre piccole e medie imprese. Il premier è un giovane che usa schemi vecchi e logori. Qualcuno vuole cambiare veramente? Italiani di buona volontà se ci siete battete un colpo, uniamoci per cambiare davvero. O non resterà che mollare la barca al suo destino.

Per l'Ue non possiamo pubblicizzare il nostro vino

Noi veneti dovremmo essere molto preoccupati per come il parlamento italiano sta recependo la disciplina europea in materia di pubblicizzazione della origine geografica del vino. C'è il rischio infatti che i viticoltori, e la cosa toglierà il sonno ai piccoli che hanno scelto una produzione di altissima qualità, siano de facto colonizzati dalle grandi produzioni alle quali sarà garantito di identificare come vitigno italiano autoctono, qualsiasi vite piantata sul suolo italiano dopo la entrata in vigore della legge. Di più, sempre in forza di una fumosa e maliziosa normativa europea, che il legislatore italiano sembra volere riproporre pari pari, sarà impedito ai viticoltori italiani di indicare nel materiale informativo a supporto della produzione la possibilità di indicare la regione di provenienza della produzione in questione.

Si tratta di una eventualità che colpirà gli addetti del settore della nostra regione, soprattutto chi non rientra nella galassia delle grandi e grandissime imprese. A Bruxelles, con la complicità di Roma, hanno messo a punto un meccanismo mortifero rispetto al quale sia gli eurodeputati italiani (vero Alessandra Moretti e altri?), sia i parlamentari romani nulla hanno detto. E se qualcosa hanno detto la loro voce è stata quella di una trombetta sfiatata.

Ma la cosa che chiede vendetta al cospetto del cielo è l'immobilismo, se non la complicità verrebbe da dire, della categorie interessate, a partire da Coldiretti, che ben si sono guardate dallo sbranare l'europarlamento, le lobby della grande distribuzione e della grande industria alimentare, in una con gli eletti, in Europa, a Roma e in Regione Veneto, non fa importanza, i quali non si sono scagliati con estrema violenza contro questo inciucio. D'altronde, sulla tendenza all'accomodamento di Coldiretti la dice lunga l'inchino di quest'ultima alla Pedemonatana Veneta, laddove la Coldiretti stessa, al posto di osteggiare l'opera con ogni mezzo, ha preferito fare da mediatore, con rimborso spese annesso, tra il proponente e gli espropriati suoi iscritti. Noi veneti dobbiamo solo vergognarci di noi stessi, perché a parole siamo capaci a sbraitare, ma quando si tratta di esporsi in battaglia allora le cose cambiano e per un piatto di lenticchie, si aprono nel nome del più basso compromesso.

E non si dica che il problema non era stato segnalato poiché è da questa primavera che la federazione dei vignai indipendenti, la Fivi, ha messo in allarme l'opinione pubblica dando contezza dei dubbi espressi in sede di commissione agricoltura: nella quale spero che i parlamentari che si dicono più attenti alle esigenze del territorio, a partire dai Cinque Stelle, facciano davvero il diavolo a quattro. La materia non è complessa, la stampa specializzata ne ha parlato con dovizia di dettaglio, ma dietro questo silenzio generalizzato deve esserci senza dubbio l'azione di dissuasione, magari lautamente propagandata, di qualche lobby potentissima. A questo punto mi viene da dire, Renzi, Moretti, Zaia, Salvini, De Menech, Filippin, Cappelletti, Benedetti, Sbrollini, Manzato, D'Incà, Toniolo, Variati, Muraro e via dicendo... se ci siete battete un colpo! Volete passare come quelli che hanno mandato alla malora le nostre eccellenze vitivinicole sull'altare delle multinazionali?

lunedì 24 novembre 2014

Il tempo è scaduto

Stanchezza, rancore, disillusione, ricerca di certezza anche a costo di doversi affidare a vecchie pratiche, crisi incalzante, nodi irrisolti che vengono sempre più al pettine, bugie, rabbia, incapacità di leggere l'orizzonte. È questo il puzzle che si profila davanti allo scenario politico italiano di medio termine.

E si tratta di uno scenario che nasconde una miscela incendiaria. Le difficoltà di una classe dirigente che cerca solo di mantenere le sue rendite di posizione è stata a mala pena mascherata dal susseguirsi di governi (Berlusconi, Monti, Letta, Renzi) la cui funzione primaria è stata quella di cercare di fare dimenticare agli italiani, popolo notoriamente dalla memoria cortissima, che nelle grandi scelte o non scelte sono stati l'uno uguale all'altro. Una soffocante similitudine nella quale si sono celati bocconi amari che comunque il Paese ha dovuto ingurgitare.

A livello internazionale però la situazione è più che mai complicata e non fornità all'Italia un piedistallo per ricominciare un percorso virtuoso. I chiari di luna non sono affatto buoni e ce la dovremo cavare da soli, fra l'indifferenza quando non fra la ostilità dei nostri partner. Lobby, potentati, obbedienze massoniche, comitati d'affari, mafie, sono condannati a fare il proprio interesse per sopravvivere. Per questo motivo è giunto il momento che il Paese liberi quelle poche energie sopite. Le energie di chi ha capito che non ci possiamo più permettere il costo morale, umano, economico e sociale del peso della colossale piramide di potere che grava su di un popolo in buona parte rassegnato o tacitamente votato ad un andazzo del genere.

sabato 22 novembre 2014

Sono incazzato

Ieri sera sfogliando qua e là un po' di quotidiani on-line mi sino imbattuto in un approfondimento de El Pais, uno dei maggiori giornali spagnoli. E a mio avviso uno dei migliori in Europa. «Il neonato partito Podemos ha intenzione di cambiare strategia comunicativa», si legge nell'articolo che riferisce una notizia all'apparenza banale ma che mi ha dato la stura per cercare in rete altre notizie più dettagliate su questa giovane formazione politica. Così mi sono imbattuto nella foto di uno dei fondatori di Podemos, un ragazzo giovane neppure trentenne e su alcune dichiarazioni riferite al neo-segretario generale del partito Pablo Iglesias.

Incuriosito mi sono messo a cercare notizie più precise su Iglesias. Ho scoperto un curriculum di spessore, una vita vissuta con intensità, una persona giovane, ma ricca di esperienza. Poi mi sono chiesto: ma è possibile che in Italia non possa nascere un partito come Podemos, un partito nato da un gruppo di giovani entusiasti e capaci? Si badi bene il punto non è la collocazione politica. Il punto è la chiarezza dell'orizzonte, la coerenza dell'azione, la trasparenza nell'organizzazione. Sono valori prepolitici che dovrebbero coinvolgere tutti gli schieramenti, destra, centro, sinistra, sopra e sotto. Non ci sono giovani di questo tipo in Italia che coniughino in modo virtuoso merito e metodo? Forse sì, ma il nostro Paese li brucia.

Fatte le debite proporzioni in Grecia un fenomeno simile lo ha vissuto Syriza, formazione capeggiata dal giovane Tsipras, prima nei sondaggi nel suo Paese. Da noi invece segnali di questo tipo non ce ne sono. Da noi purtroppo hanno la meglio i vecchi trasformisti o i nuovi volti senza contenuti o senza competenza. In Spagna o in Grecia ci sono partiti e movimenti che potrebbero presto prendere il potere o comunque avere responsabilitàdi governo; partiti composti da una giovane classe dirigente.

Per questo sono incazzato e molto con il nostro Paese e la sua mentalità conservatrice, vecchia che stronca sul nascere qualsiasi afflato che porti in grembo una novità vera. Da noi il nuovo dovrebbe essere rappresentato dal M5S, ma dietro Grillo e Casaleggio, sul piano politico con la "P" maiuscola, c'è il vuoto. I due ormai si sono ridotti alla stregua di praticanti della politica con l'unico scopo di imbrigliare un po' di scontento. Di conseguenza il M5S, e lo dico a malincuore, s'è trasformato in un tappo che di  fatto impedisce il nascere di forze nuove, capaci, come Syriza e Podemos, di rappresentare vere e fondate istanze di cambiamento. È arrivato il momento di rifare questo Paese, di rifondarlo con coraggio e convinzione. Non possiamo più permetterci di vegetare aspettando miracoli che non accadranno. In Spagna e Grecia ci sono già i leader del futuro.

Negli anni '80 eravamo tra le prime cinque nazioni più industriaizzate nel globo. Oggi siamo caduti in 11esima posizione mentre ci avviamo in quindicesima. Siamo un Paese condannato a deperire? Non lo so ma le colpe sono di tutti: a partire da una classe dirigente avida, senza orizzonti, per arrivare ad un popolo individualista e votato per sempre al tornaconto personale. Egoismo e senescenza da noi si sono accoppiati e hanno generato un ibrido che divora ogni cosa. Ache sé stesso.

martedì 18 novembre 2014

Che barba che noia,che noia che barba

Ricordate gli sketch di Raimondo Vianello e Sandra Mondaini? Ricordate quando alla fine della puntata quest'ultima, a letto col marito si lamentava della abitudinarietà di quest'ultimo con la mitica frase «Che noia che barba, che barba che noia?».

La stessa frase la si potrebbe cucire addosso al nostro Paese. Da venti anni o più sento i soliti discorsi. Sento che dobbiamo cambiare, innovare, ristrutturare, buttare a mare la classe politica, puntare sui giovani. E dopo venti anni nei quali non abbiamo fatto alcuna riforma, siamo al punto di partenza. Per colpa dei politici? O forse anche di una società vecchia, con una mentalità campanilista, eccessivamente individualista e che per troppo ha guardato (e continua a farlo) solo i propri esclusivi interessi? Che cosa ci possiamo aspettare da una società come questa?

Temo siamo dentro ad un circolo vizioso senza uscita. Serve una vera rivoluzione culturale. Il M5S che aveva alimentato grandi aspettative le sta deludendo, imprigionato nei suoi slogan e in un ceto politico di spessore nullo. Il Pd è un conglomerato informe; non ha un chiaro progetto di riforme economiche e strutturali. È ostaggio del proprio ingombrante leader, un politico che sta riducendo sistematicamente le prerogative del parlamento e che vive a furia di spot e tweet. Dall'altra parte c'è l'ormai vecchio Berlusconi, un politico al crepuscolo alla cui ombra si scannano leaderini di basso spessore culturale. Un Berlusconi interessato ormai solo a difendere gli interessi delle proprie aziende. La rinascita della Lega Nord è forse l'unico dato politico sensibile di queste ultime settimane. Bisognerà vedere se Salvini rimarrà al traino di Berlusconi o se riuscirà veramente a rappresentare un punto di rottura rispetto all'asse Pd-Pdl, il cui unico interesse è preservare certe strutture di potere. E poi mi domando. Che fine ha fatto la sinistra? Chi rappresenta oggi le fasce più deboli? Anche da quelle parti il vuoto lasciato dagli eredi del Pci andrebbe colmato con un progetto serio, agganciato alla realtà e posato su solide basi culurali e scientifiche, cosa che in Spagna sta provando a fare Podemos. Verrebbe da domandarsi. Dobbiamo rassegnarci a questa deriva? A una lenta morte del Paese?

I disastri di questi giorni dimostrano quanto sbagliate siano state le politiche di questi ultimi vent'anni, con un territorio sistematicamente usato da tutti per fini meramente speculativi. Avevamo un nostro petrolio sotto i nostri piedi: un territorio e un patrimonio culturale unico al mondo e invece lo stiamo scassando come una vecchia gettoniera di banda. In altre occasioni gli italiani l'hanno scampata. Ci vorrà questa volta molta audacia e molta visione per uscire da una situazione oggettivamente complicata.

domenica 16 novembre 2014

Lettera aperta a Luca Zaia

Gentile presidente Zaia,

ho seguito ieri la sua intervista su Rete Veneta. Come è Sua consuetudine Lei è stato diretto nonché efficace nella Sua comunicazione. Ho apprezzato la schiettezza del Suo passaggio in materia di sanità, riduzione dei costi, gestione efficente delle risorse, autonomia o indipendenza del Veneto.

Mi hanno colpito le sue parole quando Lei ha parlato della limitatissima libertà nella gestione delle risorse finanziarie: stando ai suoi dati infatti si tratta di soli 79 milioni su un bilancio di 12 miliardi, nel quale di fatto i costi sono incomprimibili. In queste condizioni è di fatto impossibile pianificare qualsiasi attività a favore del nostro territorio.

Vengo poi ad un altro punto che mi ha colpito. Ovvero quello relativo al patto di stabilità in forza del quale alla regione sarebbe oggi impedito l'intervento a tutela del regime idrogeologico. I soldi ci sono come lei dice, ma è impossibile toccarli quindi di fatto è come se non ci fossero. Poiché il patto di stabilità è formato da una stratificazione di norme sedimentatesi nel tempo per opera sia del centrosinistra che del centrodestra, è bene che la politica tutta si interroghi su questo strumento che non facilita la vita degli enti locali. Sugli scandali che hanno sconvolto la nostra regione Lei ha tenuto a precisare che non c'è alcun Suo coinvolgimento personale.

Rispetto alla gestione Galan questo è un punto a Suo favore, ma la Sua giunta dovrebbe solennemente impegnarsi affinché tali scandali non si ripetano più. In questo senso bisogna augurarLe di portare a compimento i buoni propositi messi nero su bianco recentemente. Ma da veneto doc Le vorrei chiedere di stringere un patto con noi cittadini. Un patto che riguardi il territorio, le eccellenze, il turismo di qualità, i nostri prodotti doc e dop, la tutela del nostro patrimonio culturale. Il 35% del nostro pil è generato dall'industria turistica; rilanciando e dando dignità al nostro patrimonio quest'ultimo oltre ad essere salvaguardato contribuirebbe ancor di più al nostro benessere. Questo è il nostro vero petrolio.

Da anni la Lega dice di incarnare l'orizzonte degli artigiani, dei piccoli produttori, dei piccoli commercianti. In nome di questo legame Le chiedo di impegnarsi a chiudere definitivamente l'epoca delle grandi opere, dei project finacing. Non portano valore aggiunto e distruggono il nostro bene più prezioso (peraltro gia' seriamente compromesso): il territorio. Le chiedo di porre un freno invalicabile e definitivo alla cementificazione per evitare ulteriori disastri e di dare completamento all'opera strategica più urgente per il nostro Veneto: la messa in sicurezza e la tutela idrogeologica. Non possiamo permetterci altre situazioni come la alluvione del 2010. Le chiedo anche di esoratare con forza il consiglio regionale ad approvare la norma che limita i mandati dei consiglieri regionali. Come Lei ricordava il governatore può fare al massimo due mandati, i sindaci lo stesso, perche i consiglieri no?

Sarebbe un segnale forte di discontinuità verso una società che si fida sempre meno della politica. Se come sembra lei promuoverà una lista civica con il suo nome punti su volti nuovi, fuori dai giochi dei palazzi e in grado di lavorare seriamente e con competenza per il Veneto per i Veneti, soprattutto assieme ai veneti. La nostra regione ha tutte le potenzialita'per tornare a correre (si spera libera dagli errori madornali del passato) ma dobbiamo tutti noi impegnarci per iniziare un nuovo percorso, lasciandoci alle spalle i vincoli assurdi che Roma e Bruxelles ci impogono.

Serve anche con loro un nuovo patto che ridia slancio alla nostra regione e le permetta di agganciarsi, come ci spetta, alle aree a noi affini che oggi sono tra quelle culturalmente ed economicamente più avanzate più avanzate del nostro continente come, ad esempio la vicina Baviera o il Baden. Le auguro buon lavoro, ma le ricordo che il tempo per una svolta radicale è agli sgoccioli.

Francesco Celotto

mercoledì 12 novembre 2014

Un bolide volante impazzito

Di recente ho letto un intervento apparso sulla piattaforma del M5S di Venezia. Il quale mi ha dato ulteriormente l'impressione che i Cinque stelle veneti (ma non solo veneti) si siano ridotti ad una conventicola di pasdaran al servizio del famoso staff della Casaleggio associati. Questo gruppetto di persone fa e disfa a proprio piacimento, detta i tempi sulle modalità di scelta dei candidati, crea le regole e cosi via. Ma quale sarà la traiettoria di questo bolide volante sempre più impazzito?

Dopo il tormentone relativo alla scelta e alla composizione dei listini su base provinciale in previsione delle regionali, adesso arriva il momento di scegliere il candidato governatore per il M5S. e così si torna a parlare di modi e tempi della campagna, di controllo della esposizione mediatica (sigh!), di che cosa debbano fare o non fare i candidati e via cianciando. Nell'intervento prima richiamato si sostiene che tali condotte siano ferreamente determinate da Luciano Claut, noto esponente del M5S nel Veneziano nonché assessore all'urbanistica a Mira. Di più, fra i commenti all'intervento firmato «marco.m», ovvero Marco Marchiori, ne compare uno dello stesso autore nel quale si menziona una e-mail che quest'ultimo avrebbe ricevuto sempre da Claut. Nella quale si parla di un incontro organizzativo aperto ad ogni attivista ma precluso ai giornalisti. Cosa demenziale per vari aspetti. Che cosa succede se un attivista è anche un giornalista? Gli si chiede di scollegare il cervello alle sinapsi della stampa? E come ci si accorge se sotto le spoglie di un attivista si nasconde un cronista? Si interroga l'ordine? E se questo tizio è un praticante non iscritto ma che poi riporta quanto accaduto sul giornale o in tv?

Ha forse qualcosa da nascondere il buon Luciano? Ricordo in tal senso il caos accaduto qualche settimana fa a Venezia durante una «graticola» di presentazione dei potenziali candidati Cinque stelle, quando si presentarono i giornalisti e furono lasciati fuori, scatenando la reazione indignata persino dell'ordine dei giornalisti del Veneto. Ma di queste figure barbine Luciano, grillino doc duro e puro, se ne frega, impegnato com'è a diffondere tra le truppe la filosofia grillina, in attesa che questa dilaghi in regione e nel paese. Sveglia belli!

È incredibile come il gruppo di coordinamento della provincia di Venezia (auto-nominato e composto oltre che dall'attivissimo Claut anche da Luisa Mazzariol e Serena Giuliato, presidente quest'ultima del consiglio comunale di Mira) prosegua imperterrito sulla sua strada nonostante le tante critiche ricevute. È evidente che ha il placet e l'appoggio di chi conta nella oligarchia veneta a Cinque stelle: leggi David Borrelli (oggi eurodeputato di peso, primo consigliere comunale d'Italia nel M5S a Treviso ai tempi del 2008, da sempre fedelissimo di Casaleggio). Con Borrelli c'è il suo fedele scudiero Federico D'Incà (deputato bellunese che dopo la batosta delle europee è stato incaricato di sovraintendere alle elezioni regionali, dato che il suo superiore Borrelli è formalmente impegnato a Bruxelles).

Luciano Claut, uno dei pionieri del M5S nel Veneto dal lontano 2009 è membro di spicco della giunta comunale di Mira. Architetto, ex assistente di Vittorio Gregotti decano allo Iuav oggi in pensione, pare che il Claut si dedichi a tempo pieno alla politica: riceve forse per questo qualche aiuto dalla Caseleggio associati?  Già perché pare bassino lo stipendio di mille euro da assessore a Mira. Ad ogni modo l'architetto è ormai uno dei fedelissimi componenti in pianta stabile del cerchio magico con filo diretto a Gianroberto e Beppe. Gli altri vicinissimi sono Gianni Benciolini (consigliere comunale a Verona ), Giovanni Endrizzi (senatore padovano), e, appunto Borrelli e D'Incá.

Questi sono gli ortodossi a Cinque stelle incaricati di diffondere il verbo, applicare le regole, strigliare le truppe, rassicurare che il movimento sta benone, che non c'è alcuno strappo interno e che qualche piccola uscita è pure fisiologica. Ecco chi sono lorsignori, meri ragionieri d'apparato, interessati alle regole e non ai programmi; e ancor meno interessati alle proposte per il nostro territorio. Alla faccia di chi vorrebbe un M5S libero da strutture di coordinamento; un movimento in cui uno dovrebbe contare uno.

Ora che le cose hanno proceduto per filo e per segno come i servitori hanno voluto, pardon suggerito, e che la situazione ha raggiunto livelli quantomeno imbarazzanti, occorre domandarsi due cose. Uno, chi è responsabile di tutto ciò? Due, chi sarà ritenuto responsabile se il voto alle regionali fosse un mezzo o un intero flop? 

Prendendo spunto da quanto afferma Marco Marchiori (consigliere comunale a Mirano, una delle poche teste pensanti rimaste nel M5S veneto)  se fossi nei panni dei quarantotto fortunati candidati regionali mi preoccuperei, e non poco. E cito Marchiori: «Li attende una maratona di lavoro e di preoccupazioni: la proposta politica li occuperà in minima parte. Una minima proposta politica potrebbe comportare, a loro carico, un'infamante accusa di arrivismo e personalismo» dal momento in cui alcuni «solerti funzionari hanno fatto votare... una rassicurante mozione per il comunitarismo, il termine, sarà per i venticinque anni dalla caduta del muro di Berlino mi rammenta qualcosa... Come nei quattro mesi passati» questi fortunati-sfortunati «saranno impiegati a dimostrare il solito teorema: se avranno successo saranno debitori di un simbolo». In caso di sconfitta «la colpa sarà loro e soltanto loro».

lunedì 3 novembre 2014

Veneto, sfida aperta in vista delle prossime regionali

Tra qualche mese nel Veneto si vota per le regionali. Si tratta di un appuntamento molto importante dall'esito, in questa tornata, non scontato come invece accadde in altre occasioni. La sfidante del governatore Zaia sarà quasi sicuramente Alessandra Moretti, appoggiata da Confindustria e da altri pezzi dei poteri forti della nostra regione. Il Pd secondo i sondaggi alle prossime regionali che si terrano in diverse parti d'Italia potrebbe ottenere contro il centrodestra un bel cappotto: un sette a zero tondo tondo. Ma sarà cosi anche nel Veneto? Per il centrosinistra le cose non sono così scontate.

Il governatore leghista Luca Zaia gode ancora di una alta popolarità; la Moretti ha si ottenuto tante preferenze alle europee, ma le regionali sono un'altra cosa e conta anche la persona, la sua storia, il suo passato nonché la sua presa sul territorio. il suo passato. E la Moretti che passato ha? Che storia ha? Soprattutto che progetto ha per il Veneto? Io credo che Renzi abbia saputo intercettare i voti degli imprenditori, del mondo delle partite iva, degli artigiani, ma da questo a dire che nel Veneto il suo candidato sfonderà facilmente ce ne passa. La Lega dal canto suo, se sarà capace di operare una drastica pulizia al suo interno, facendo valere le qualità di leadership e mediatiche del «giovane» Matteo Salvini, potrebbe essere una sorpresa, soprattutto se saprà tornare alle origini, tornare a lavorare nei territori e per i territori. Ad oggi c'è molta attesa nella ventilata lista del presidente Zaia, che si preannuncia formata da volti nuovi. Una lista che viene data capace di raggiungere un 15% tra coloro che si recheranno al seggio. In questa chiave c'è da augurarsi che il consiglio regionale possa approvare con effetto immediatamente retroattivo la regola dei due mandati massimi per consigliere: si darebbe corpo così ad un drastico e necessario rinnovamento all'interno dell'assise.

Serve aria nuova in regione; serve una giunta fatta di persone giovani, serie, non votate all'immobilismo, capaci di portare avanti progetti innovativi che rilancino in modo saggio il nostro tessuto economico, specie quello delle medie e piccole imprese, il nostro ambiente, il turismo di qualità, le produzioni locali ad alto valore aggiunto. Bisogna poi avere il coraggio di bloccare pratiche come il project financing; e con esso la costruzione di alcune grandi opere non strategiche per il nostro territorio.

Non da ultimo uno dei temi forti della prossima campagna elettorale sarà il referendum sulla autonomia o indipendenza del Veneto. Un tema centrale in un momento economico assai delicato come questo. Sarà una campagna elettorale intensa e duellata, nella quale è in gioco molto del futuro del nostro Veneto perché dalle scelte che si opereranno in anni così difficili cambierà sostanzialmente la natura profonda della nostra regione nonché della convivenza dei suoi abitanti.